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Centro Visita e Documentazione di Carsulae

Centro Visita e Documentazione di Carsulae

Nel  #Centro Visita e Documentazione di Carsulae, ubicato all’ingresso del sito archeologico, sono esposti permanentemente diversi reperti riemersi dai lavori di scavo eseguiti tra il 1951 e il 1972 e diretti dall’archeologo Umberto Ciotti- cui è intitolato il Centro- nell’area urbana di Carsulae e appena fuori di essa, oltre l’arco di San Damiano, in cui si trovava la necropoli della città romana.

Tra i materiali più pregevoli figurano:

La testa e il ginocchio con panneggio di una statua colossale dell’imperatore Claudio(41dC-54), monumentale manifestazione del culto imperiale. A differenza di altre rappresentazioni di Claudio con cui sono stati messi a confronto questi reperti, nella statua di Carsulae la presenza di un perno nella calotta superiore della testa indica che la corona civica venne applicata e non scolpita insieme alla testa. La scultura quasi certamente era collocata in uno degli edifici dell’area del Foro, nel cui lato nord vennero rinvenuti questi due frammenti.

La bella statua di Dioniso, recuperata priva di alcune sue parti e recentemente restaurata, quasi sicuramente proviene dall’area del Teatro, tra i primi monumenti ad essere riportati alla luce. Si ritiene che l’opera sia stata realizzata nella seconda metà del II secolo d.C.  La statua ritrae Dioniso giovane appoggiato, secondo l’iconografia classica, a un tronco di albero su cui sono avvolti tralci di vite con pampini e grappoli d’uva; accanto ha una piccola pantera, sacra al dio così come lo è la vite.  L’opera si caratterizza soprattutto per la raffinata ed elegante raffigurazione del giovanile aspetto della divinità.

Plinio, nella Naturalis Historia, (una delle fonti letterarie in cui si menziona Carsulae) ci lascia una testimonianza della coltivazione della vite a Carsulae in epoca romana; facendo il confronto con i metodi di potatura di questa pianta in uso in altre due località, ritenuti inefficaci, Plinio afferma “…nel territorio di Carsulae tengono una via di mezzo e potano solo le parti guaste della vite e quelle che cominciano a seccare, lasciando le altre a produrre uva; una volta tolto il peso superfluo, il fatto di aver ricevuto poche ferite, è per la vite l’unico nutrimento; ma se il terreno non è grasso, una coltivazione di questo tipo la fa degenerare in lambrusca –cioè in vite selvatica, n.d.t-

N.H. XVII,213 trad. A.M. Cotrozzi, Einaudi

 

Foto pubblicate dalla pagina Facebook istituzionale dell’Area Archeologica di Carsulae